sabato 15 marzo 2014

LA MASSONERIA DECIDE LE SORTI D'ITALIA

L'Unità d'Italia è stata decisa dalla Massoneria inglese dopo il Congresso di Vienna. L'unico "Re" (Casa regnante) era guarda caso un massone: Vittorio Emanuele II. Per puro caso (strana coincidenza?) tutti quelli che furono coinvolti nella "impresa dei mille" (sic), ad iniziare da quel galantuomo di Giuseppe Garibaldi, erano massoni. Tralascio di citare Cavour, Mazzini, ed altri. Quale alternativa poteva avere la gente ad un plebiscito così concepito:«Il Popolo vuole l’Italia una ed indivisibile con Vittorio Emanuele Re Costituzionale e suoi legittimi discendenti». Riporto alcuni passaggi di storici (ahimé) meridionali su tale "riduttivo" plebiscito: «Giorni prima che si facesse il plebiscito furono affissi, alle mura delle città principali, dei grandi cartelli, in cui si dichiarava nemico della Patria chi si fosse astenuto o avesse dato il voto contrario all’annessione». (C. Alianiello, La conquista del Sud).
Il «plebiscito-burletta» a Napoli avvenne in un clima intimidatorio, «sparpagliati per tutta la città, garibaldini e camorristi cercavano di convincere in tutte le maniere e con i modi più sbrigativi come si doveva votare, cercando di sforzare la volontà altrui. In ogni seggio di votazione vi erano due urne palesi, quella del No era coperta dai nazionali e camorristi». (N. C. D’Amelio, Quel lontano 1860).
«Tra un’esibizione di bandiere tricolori con stemma sabaudo e l’occhiuta vigilanza di addetti, guardie, e curiosi accalcati in entrata, ogni segretezza del voto – come si può capire – era pura illusione». (G. Campolieti, Re Franceschiello). Quei pochi che ebbero il coraggio di votare contro subirono minacce fisiche e violenze, fatti che fecero persino dire all’inglese Mundy: «Un plebiscito a suffragio universale svolto in tali condizioni non può essere ritenuto veridica manifestazione dei sentimenti del paese». Sulla stessa linea furono le affermazioni di Lucien Murat: «Le urne stavano tra la corruzione e la violenza. Non più attendibili apparvero gli scrutini. Specialmente i garibaldini si erano diverti ad andare a votare più volte, e certamente nessuno pensò di impedirlo ai galantuomini delle città di provincia, che affermavano in tal modo la loro importanza». Insomma, «si fece ricorso a ogni trucco, nel voto e negli scrutini, per ottenere il risultato plebiscitario desiderato». (P. G. Jaeger, Francesco II di Borbone l’ultimo re di Napoli). Per quanto attiene alla Sicilia basta leggere "Il Gattopardo" di Tomasi di Lampedusa per capire il valore di quel plebiscito.

Nessun commento:

Posta un commento