lunedì 19 marzo 2012

Al Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano

Signor Presidente, perché non si dimette? Mi scuserà se sono troppo diretto, ma è inutile girare intorno alle parole. Sono qui che vorrei scriverle delle mie osservazioni, a patto però che poi non mi venga scagliato l’anatema del vilipendio contro il Capo dello Stato.










Non le nascondo che ogni mattina che mi alzo vorrei poter scagliarlo io l’anatema del Vilipendio contro la Mia Persona ai danni della Repubblica Italiana, ma sa sono sicuro che non avrebbe molto effetto, diretta pratica quotidiana di comprendere che il potere è unidirezionale, in Italia soprattutto.









Certo, pensandoci bene, e dovendo scrivere una lettera ad un potente, non verrebbe mai da pensare di scrivere al Presidente della Repubblica Italiana. Certo io vorrei che Lei fosse potente, ma per davvero, e che mettesse a tacere il continuo bla bla di quelli che la circondano nella politica odierna.









Non è una questione personale sig. Giorgio Napolitano, e mi auguro che non me ne vorrà, ma perché non si gode la pensione a 82 anni? Sono veramente tanti e gliene ne auguro ancora di più, anche se la biologia è un fatto e non un desiderio.









La mattina quando mi sveglio in questa Italia stanca, contrita, furba, arrabbiata, delusa e in perenne debito da carte di credito, osservo il primo inter pares degli italiani e vedo lei. Avrei voglia di tornarmene a letto. Non ce la vedo nella metropolitana di una città come Roma, a 82 anni cadrebbe a terra alla prima frenata. Certo, si potrebbe sedere, ma nessuno lascia il posto a nessun altro. Anzi quando qualcuno cede il posto ad un anziano, ad uno zoppo, ad una donna incinta, questo qualcuno riceve un’occhiata che sa di beatificazione, mentre dovrebbe essere normale civiltà. Banale, ma vero.









Se mi soffermo un attimo a pensare alla presidenza della Repubblica, senza offesa naturalmente, non vedo altro che un pensionato di lusso, anzi di gran lusso. Ultimamente, devo ammettere, ha avuto anche il coraggio civile di pubblicare le cifre della gestione del Quirinale: 235 milioni di euri, pari a 454.960.000.000 vecchie lire. Per un paio di migliaia di persone? Ma non le sembra troppo? Se non mi ricordo male, Lei era anche comunista, non si agita sulla sedia a leggere queste cifre? E si paga anche 5 euri per poter visitare il Palazzo del Quirinale. Ma dai, non ne avete proprio abbastanza? Lo sa caro Presidente che in Ungheria, per esempio, tutte le sedi istituzionali sono visitate gratis dagli ungheresi, mentre pagano solo i turisti? E sa perché? Perché i cittadini devono avvicinarsi alle istituzioni. Ed io devo pagare 5 euri per vedere il Quirinale?









E parlando sempre dei costi, non la innervosisce sapere che chi pulisce il cesso al Quirinale ha fin troppi privilegi in confronto a chi pulisce i cessi di una semplice metropolitana?









Lo so, sarà una fissa la mia Presidente, quella della metropolitana, ma se la usasse ogni giorno capirebbe che l’incidente in cui è morta una pendolare a Piazza Vittoria, a Roma è stato solo un semplice e puro miracolo. Se ci prestasse una parte di quei 235 milioni di euri, forse qualcosa si potrebbe fare.









Dicevamo del pensionato di lusso: certo non come nonno Giovanni che tira a campare con 500 euri. Si è vero, pensandoci bene, non ci sarebbe granché da scrivere ad un potente del suo calibro, perché, tutto è, meno che potente. Ma anziano sì, e allora non è giunto il tempo di farsi da parte?









In un paese gerontocratico, ci mancava solo Lei. 82 anni, a ripeterli non ci si crede. Ma a cosa servirà mai? Quando è salito sul Colle, espressione che sembra rubare il dolore alla cristianità, mi sono sovvenute due domande: come è un trasloco di gran lusso da un quartiere bene di Roma ad un altro. E l’altra riguarda la sua storia personale. Ma andiamo con ordine. Beato Lei che ha traslocato, con il caro affitto che c’è a Roma, avere due belle case non è da poco, e tutto questo non lavorando come privato, ma per lo Stato. Non male. Immagino, retoricamente, i giovani che pagano 500 eurinaturalmont con contratto a progetto, sa quella splendida invenzione (di sinistra ahimè, Gaber Gaber dove sei ormai?) che permette agli imprenditori di non pagare tasse, tredicesima, quattordicesima, malattia ma guadagnano lo stesso anzi di più? di affitto e ne guadagnano poco più di 800/900,









Chissà se conosce minimamente il costo degli affitti a Roma, forse sì, ma quando si guadagna quello che si guadagna con la paga di un deputato o senatore chi se ne frega dei conti. Eppure molti di voi non sono neanche laureati e mai hanno lavorato, eppure pretendono di comprendere un paese che lavora. Lei indubbiamente è una persona di cultura, ma non si trova a disagio con gente che non sa nulla, ma proprio nulla, come se avessero marinato la scuola già dall’asilo? Immagino proprio di sì.









La sua storia personale: finalmente un comunista che sale al Quirinale. Embè? Siamo proprio così americani non le sembra, basta pronunciare il sostantivo comunista che tutto sembra fosco, forse solo ridicolo. Non ho visto nessun evento straordinario nella sua elezione, solo un uomo anziano. La sua storia personale l’ha portata subito in Ungheria, a Budapest a deporre fiori ai caduti della rivoluzione del 1956. Lavarsi subito l’onta di non aver compreso il grido disperato di libertà di un popolo. Già, loro gli ungheresi (ritornano più volte come vede) avevano i comunisti, noi gli americani, con il Cermis, Ustica, Gladio e altre sciocchezze di mezzo. Ha deposto fiori che forse se deponeva sulla tomba di questa nazione avrebbero avuto maggior senso e bellezza. Della sua storia personale mi rimarrà impresso il suo essere stato il primo Ministro degli Interni non democristiano. Mi ricordo il periodo, così denso di speranza: Prodi parlava e si capiva anche. Invece Bossi parlava ma non si capiva. Berlusconi non era poi questa grande ed inamovibile pietra contro la democrazia italiana. Avevamo vinto, per la prima volta e finalmente mettevamo piede ( e si sperava mani) negli armadi dei misteri italiani.









Per la verità ci ha messo piede Lei, e si è visto: non è accaduto nulla. Nessuna verità per la strage di Bologna, nessun disvelamento di grandi intrecci mafia politica. Niente di niente. La Democrazia Cristiana continuava a dominare il Ministero dei misteri italici. Eppure all’epoca non era così anziano Presidente, aveva solo, mi faccia fare i conti, ecco, sì 73 anni. Già, nulla successe e tutte le speranze di chiarezza andarono perse nel giro di poco. Forse anche Lei si è ritrovato con le mani legate da intrecci così scandalosi da non poterne parlare, patti sì scellerati che non si potevano toccare, pena il tracollo della nostra miseranda nazione. Eppure credevo che dopotutto questo si sarebbe goduto la meritata pensione. O lo stipendio, qualsiasi cosa, ma sicuramente avrà famiglia, nipoti e pronipoti. Ed invece eccola Presidente, a rappresentare l’Italia con tutti i suoi anni e la sua storia personale, come se un onesto lavoratore cassintegrato della Cirio non abbia una storia personale e dignitosa, per non parlare del famigerato metalmeccanico di sempre. Ed io mi sono sentito uno dei suoi nipoti, certo senza il privilegio di dire chi è mio zio. Qualche volta seguo i suoi discorsi, buoni solo per l’ANSA, ultimamente poi sono tanti devo dire che è sempre presente. Ma dica al suo ufficio stampa che è inutile che far pubblicare due pagine di suoi interventi, la gente, sempre in metropolitana, gira le pagine a piè sospinto. Tanto si sa che saranno parole di circostanza e mai taglienti, e distraggono poco l’attenzione.









Belle ed inutili parole.









Per ironia della sorte c’è chi segue i suoi discorsi: sono gli italiani all’estero, cioè gli emigranti. Ho visto le facce di profonda delusione, quando hanno ascoltato il suo discorso, letto le sue parole il giorno dopo che li menzionava, appena appena nella chiusura del gran discorso di fine anno. Io stavo con loro, dall’altra parte del mondo. Volevano che si ricordasse di loro, lo volevano per non sentirsi orfani e invece niente.









Così si è alienato anche un possibile e benevolo pubblico che la voleva ascoltare veramente. Scherzi dell’età, non si preoccupi. Come non si deve preoccupare del fatto che di tutte le foto dei mondiali del 2006 non ce ne sia una memorabile e storica che la ritrae e la consegna alla storia, almeno quella del pallone. Mi permetta di fare un paragone con il presidente partigiano, celebrato anche in una canzone (quando si dice lasciare il segno per davvero), di Lei non c’è neanche una foto decente. I mondiali del 1982 non sono nulla se non ci fanno vedere la faccia del grande vecchio Pertini che si dimena come un ultrà per i gol. Ancora meglio la faccia da partigiano mentre gioca a carte con i nostri eroi sull’aereo del ritorno dalla Spagna.









Me lo può confessare Presidente, quella sera avrebbe preferito starsene a casa tranquillo. Con la sua età, tutto quello schiamazzo, quel rumore, quell’ufficialità. Confesso, non amo il pallone neanche io, ma la nazionale, beh, che ci vuole fare italiano sono alla fin fine.









Poteva regalare il suo biglietto a qualcuno, vero non aveva biglietto, Lei entra pagato dovunque. O si ricorda di quando ha invocato giustizia per Giovanna Curcio? Immagino di farle questa domanda a bruciapelo, e la vedo che si china verso un suo assistente a chiedere informazioni. Ma come, la ragazzina bruciata viva a 15 anni perché lavorava, in nero, in una fabbrica di materassi vicino Salerno? Se lo ricorda? Neanche alla sua età è permesso dimenticare questo. Il suo discorso chiedeva (vibrava mi sembra un termine a appropriato) giustizia. Le ripeto quello che scrissi in quei giorni: perché non è andato al funerale di quella ragazza, perché non ha portato a spalla la sua bara? Perché signor Presidente? Poteva farsi aiutare dai suoi assistenti, ma Lei ha 82 anni e la bara di una ragazza di soli 15 anni pesa troppo, di tristezza e della nostra infamia. A cosa serve un Presidente che non porta a spalla i giovani della nazione che rappresenta, morti perché sfruttati, vilipesi, ed infine dimenticati? Perché non va lì giù a piantare un casino infinito finché i colpevoli siano punti: non messi al rogo o su una sedia elettrica, ma qualcuno deve pagare per la morte di un innocente, o no?









Eppure Lei è di Napoli, la città che ha avuto sì tanto orgoglio nel saperla eletta, e il giorno dopo ha continuato a sparare tranquillamente, ma non solo per camorra, termine abusato, ma anche per inedia, per ferocia gratuita, coltellate per un’occhiata di troppo. Salerno non dista troppo da Napoli. Qui giungiamo al punto signor Presidente, non tutto è perduto. A 82 anni qualcosa si può fare ancora. Cominciamo da Napoli. Non mi dica solo che è rammaricato, che vuole uno scatto di reni da parte dei cittadini e delle autorità. Non si rende conto che sono tutte chiacchiere.









Prenda Lei l’iniziativa, vada a Scampia e si affitti una casa, non costano tanto, e si sistema lì per qualche mese. Sicuramente l’ambiente diventerebbe subito più tranquillo, ci sarebbe più polizia, e poi si immagina che bella provocazione? Lei che si sveglia la mattina a Scampia e va a prendersi la sua tazzulella di caffè di fronte al super carcere? Cambierebbe qualcosa? Buona domanda, sicuramente no, ma vuole mettere il divertimento e finalmente un Presidente che fa il suo lavoro di Presidente e che darebbe una scossa micidiale a tutti? E durante quel mese nel quartiere sa cosa altro si può fare, andare a visitare le fabbriche dove i suoi cittadini italiani sono sfruttati per bene. Si immagini, Lei che entra in una fabbrica di cassettini di legno e trascorre una giornata con rumeni, polacchi, italiani sfigati per 5 euri al giorno. Certo non esiste solo Napoli e la camorra, come non esiste solo la Sicilia e la mafia, ma credo che questi sono due problemi urgenti, non crede? Non lo devo dire a Lei, è napoletano, se non erro. Dopodiché Presidente potrebbe tornare a Roma, o andare in qualsiasi grande città e lavorare un poco nei call center. Non so se la prenderebbero, la sua età, questi benedetti 82 anni sono proprio tanti, ma almeno può immedesimarsi nei 400 euri a contratto a progetto che danno alla gioventù di questa nazione. La vedo con le cuffie in testa a rispondere di questioni delicate, perché informazioni importanti si danno ai call center, e intrattenere chi chiama perché più parla più si guadagna. Sarebbero sette anni di fuoco, indimenticabili per Lei e per noi. Tanto di cosa dovrebbe aver paura, gli anni sono quelli e sono tanti, qualche sfizio se lo può togliere. Mica la possono licenziare. E quando il fiatone aumenta, altra grande azione di disturbo: prenda un mezzo pubblico e se ne va in qualche ambulatorio sporco che ben rappresenta il paese che Lei rappresenta. Si attende qualche ora, è vero, ma almeno lì può trovare gente con problemi reali. Immagini per un momento, Lei presidente dal passato comunista che rinuncia ai privilegi, che si ricorda di essere stato giovane un tempo e di aver detto cose giuste e non noiose. Che per un attimo ha un moto di orgoglio, Lei e non la nazione, e se ne esca dalla naftalina in cui l’hanno messa e stravolga le regole del gioco. Già la vedo a chiedere il suo stipendio, con accanimento, al padrone che non vuole pagarla a fine mese, già la vedo combattere contro la non assunzione, inorridire alla lettura di un contratto a progetto, già la vedo timoroso in mezzo alla strada che qualcuno le possa scippare l’orologio o rubarle il portafoglio. Ma ci pensi Lei gioca con un vantaggio enorme. Lei è il Presidente e in questa qualità non potrebbe dire agli sfaticati politicanti che starnazzano in TV di stare un poco in silenzio e di non proferire ignoranza e retorica a spron battuto? E ci liberi dal tutto e il contrario di tutto, alzi la sua voce, di grande vecchio, e ci liberi dal giogo dei poteri forti. Non può certo chiederlo a me di battermi contro i cattivi e i forti. Io non ho nessuna scorta. Invece Lei sì. Ormai il tempo passa inesorabile, non sarebbe il momento di fare qualcosa che un giorno possa cambiare le parole, già le sento, del: onesta ed integra carriera politica al servizio della Nazione. Parole che vogliono dire tutto e niente e che non avranno nessuna reale commozione per una sua ipotetica e mi auguro lontana nel tempo dipartita. Lei può fare tanto e se segue qualche mio consiglio, veramente allora ho scritto la lettera ad un potente. Allo stato dei fatti Lei è una controfigura di uno Stato triste ed io lo specchio dei giorni che vivo. Sig. Napolitano diventi Presidente per davvero, lasci stare questa ingessatura che si porta dietro come un catafalco. Altrimenti non dovrò più cederle quando invita ad inorridirsi per il male che accade, dispiaciuto per l’emigrante che muore in mare e per il ragazzo accoltellato in mezzo alla strada. La voglio bene, e sono sicuro che se mi invita a cena potrei ascoltare tante storie interessanti. Ma non da Lei, venga da me, senza scorta che altrimenti la spesa è esagerata, e ci facciamo due passi insieme. Immagini per un momento, Lei sig. Presidente che scuote come un lenzuolo questa nostra nazione e gli da una bella rinfrescata. Non ci deluda, mi raccomando, si può dire di tutto degli anziani, ma non che non abbiano follia, saggezza e soprattutto la vista lunga. Inneschi la follia Presidente, sono sicuro che in milioni la seguiranno.









Diceva bene il Presidente dell’uno che diventa due, ma non per questo il 51 diventa 52.









Cordialmente









sabato 17 marzo 2012

Giovanni Salamone vende!!!!

                                                       SOLO 100 MILA EURO

Mortara, Pavia. Buongiorno, vendiamo terreno edificabile, zona C, di 3004 metri quadrati, Cinque minuti dal centro citta'.


Per contatti telefonici: Giovanni Salamone 0048518968880 Polonia e Grazia Salamone 0321726559 Cerano (NO) Italia.
Oppure collegarsi tramite email: giovanni.salamone@gmail.com

Rimaniamo in attesa di un Vs riscontro.


Inoltre si vende terreno adiacente di 10.000 metri quadrati per parcheggio od altro con prezzo da
concordare.

lunedì 12 marzo 2012

E' solo un consiglio!!!!!

Non me lo sarei mai immaginato che per ben tre volte mi sarei rivolto direttamente a voi, senatori e deputati eletti nella circoscrizione “estero”.


La prima volta fu per dirvi che i grandi partiti vi avevano fagocitato nel vero senso della parola e voi, da numero “uno” nelle vostre nazioni di residenza abituale, siete passati a ricoprire le ultime posizioni in seno ad un partito dove conoscevate ben poche persone e dove siete stati obbligati ad assoggettarvi alle leggi del più forte; eravate “onorevole deputato” o “ signor senatore” nella nazione o circoscrizione che vi aveva eletto, però avrete constatato che, tutte le volte che arrivavate in Italia, siete stati trattati come un “ illustre sconosciuto”.

La seconda lettera ve l'ho inviata agli inizi di gennaio 2010, in occasione dei tafferugli che per due giorni sono scoppiati a Rosarno (Calabria) a motivo delle dimostrazioni dei raccoglitori di pomodori, sulle quali voi, con esperienza di emigranti, avete fatto silenzio e non vi siete aperti uno spazio come mediatori tra un' Italia che non accetta gli immigranti e voi che siete o siete stati emigranti.

Questa terza “lettera” ve la spedisco in questo frangente storico, con un’Italia guidata da un governo “tecnico”, mentre sembra che si voglia mettere finalmente la sordina alle vecchie ideologie dei vari partiti. Si è dato vita così ad un movimento che richiede non più idee astratte, ma persone concrete che diano un assetto all'Italia e forse anche all'Europa.

Cari amici, deputati e senatori eletti all'estero, siamo di nuovo al capolinea di un impresa che dovrà senz'altro approdare su una terraferma più sicura di quella che si è lasciato. Sono andate a farsi benedire tutte le vostre aspirazioni di destra e di sinistra e non si parla più di prima, seconda o terza repubblica. Bisogna salvare l'Italia e salvarsi. Questo l’imperativo.

Non vi sembra che questa nuova modalità di governo vi offra l'occasione per rivedere il vostro ruolo nel parlamento? Se i partiti ai quali vi siete associati oggi non sanno che fare di voi, perché non rivedete la vostra posizione di “deputati e senatori eletti all’estero” per inserire la vostra esperienza nella soluzione dell'immigrazione in Italia? Voi siete gli “esperti”, i “conoscitori” della realtà migratoria per averla sperimentata sulla propria carne.

Fate cerchio tra i 18 esponenti ed offrite una soluzione agli opposti punti di vista, che vengono esibiti dagli “ormai vecchi partiti”.

Fatevi portavoce di un nuovo concetto e di un diversa visione dell’immigrato. Voi siete i “tecnici delle migrazioni” nel momento in cui in Italia si contano più di cinque milioni di persone venute da fuori. Non potete dimenticare che vi siete sempre battuti per una uguaglianza di diritti con gli altri lavoratori presenti nella nazione che avete scelto o nella quale vi siete trovati ad operare. Ricordate che” il lavoratore migrante è prima di tutto una persona, e poi un mezzo di produzione”, come ci ricorda Stelio Fongaro ne “L’emigrato” (N° 5, Piacenza – 2011).

Ricordate che i diritti agli immigrati devono essere riconosciuti e poi mantenuti e garantiti. Se questi concetti non fossero sufficienti a spingervi a dare una mano a questo “Governo Monti”, vi possono essere di aiuto le indicazioni delle Nazioni Unite: “Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie” (1990), sottoscritta al giorno d'oggi da più di 40 nazioni.

Non lasciate passare questo momento storico senza intervenire come gruppo di esperti in materia di immigrazione! Se l'Italia risolve questa problematica, state certi che vi appunterete una medaglia anche nel contesto europeo.

Infine, se non vi sentite ben ferrati in questo settore, andate a rispolverare il disegno di legge che nel 1980 presentava il senatore Vincenzo Bombardieri, pure lui emigrato per 4 anni in Belgio: “Disciplina dell'occupazione in Italia di lavoratori subordinati stranieri extracomunitari” .

Non continuate a fare promesse ai vostri elettori; stringete le fila tra voi “esperti in migrazioni” ed offrite una mano a chi ne ha una sola. Voi come emigranti ne avevate una sola, un tempo; oggi gli immigranti che scelgono l'Italia come soluzione di sussistenza, dispongono anche loro di una sola mano.

Se voi date loro una mano, l'Italia, gli immigranti, e anche noi emigrati italiani nelle varie parti del mondo, vi saremo riconoscenti.

lunedì 5 marzo 2012

Divorzio breve

La Commissione giustizia della Camera dei Deputati ha approvato il 23 febbraio 2012 il testo della proposta di legge in materia di scioglimento del matrimonio e della comunione tra i coniugi.




Il provvedimento prevede una sensibile riduzione dei tempi di durata della separazione necessaria per ottenere il divorzio, che scende da tre anni ad un solo anno (due anni nel caso di presenza di figli minorenni).








venerdì 2 marzo 2012

Al Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano

Signor Presidente, perché non si dimette? Mi scuserà se sono troppo diretto, ma è inutile girare intorno alle parole. Sono qui che vorrei scriverle delle mie osservazioni, a patto però che poi non mi venga scagliato l’anatema del vilipendio contro il Capo dello Stato.










Non le nascondo che ogni mattina che mi alzo vorrei poter scagliarlo io l’anatema del Vilipendio contro la Mia Persona ai danni della Repubblica Italiana, ma sa sono sicuro che non avrebbe molto effetto, diretta pratica quotidiana di comprendere che il potere è unidirezionale, in Italia soprattutto.









Certo, pensandoci bene, e dovendo scrivere una lettera ad un potente, non verrebbe mai da pensare di scrivere al Presidente della Repubblica Italiana. Certo io vorrei che Lei fosse potente, ma per davvero, e che mettesse a tacere il continuo bla bla di quelli che la circondano nella politica odierna.









Non è una questione personale sig. Giorgio Napolitano, e mi auguro che non me ne vorrà, ma perché non si gode la pensione a 82 anni? Sono veramente tanti e gliene ne auguro ancora di più, anche se la biologia è un fatto e non un desiderio.









La mattina quando mi sveglio in questa Italia stanca, contrita, furba, arrabbiata, delusa e in perenne debito da carte di credito, osservo il primo inter pares degli italiani e vedo lei. Avrei voglia di tornarmene a letto. Non ce la vedo nella metropolitana di una città come Roma, a 82 anni cadrebbe a terra alla prima frenata. Certo, si potrebbe sedere, ma nessuno lascia il posto a nessun altro. Anzi quando qualcuno cede il posto ad un anziano, ad uno zoppo, ad una donna incinta, questo qualcuno riceve un’occhiata che sa di beatificazione, mentre dovrebbe essere normale civiltà. Banale, ma vero.









Se mi soffermo un attimo a pensare alla presidenza della Repubblica, senza offesa naturalmente, non vedo altro che un pensionato di lusso, anzi di gran lusso. Ultimamente, devo ammettere, ha avuto anche il coraggio civile di pubblicare le cifre della gestione del Quirinale: 235 milioni di euri, pari a 454.960.000.000 vecchie lire. Per un paio di migliaia di persone? Ma non le sembra troppo? Se non mi ricordo male, Lei era anche comunista, non si agita sulla sedia a leggere queste cifre? E si paga anche 5 euri per poter visitare il Palazzo del Quirinale. Ma dai, non ne avete proprio abbastanza? Lo sa caro Presidente che in Ungheria, per esempio, tutte le sedi istituzionali sono visitate gratis dagli ungheresi, mentre pagano solo i turisti? E sa perché? Perché i cittadini devono avvicinarsi alle istituzioni. Ed io devo pagare 5 euri per vedere il Quirinale?









E parlando sempre dei costi, non la innervosisce sapere che chi pulisce il cesso al Quirinale ha fin troppi privilegi in confronto a chi pulisce i cessi di una semplice metropolitana?









Lo so, sarà una fissa la mia Presidente, quella della metropolitana, ma se la usasse ogni giorno capirebbe che l’incidente in cui è morta una pendolare a Piazza Vittoria, a Roma è stato solo un semplice e puro miracolo. Se ci prestasse una parte di quei 235 milioni di euri, forse qualcosa si potrebbe fare.









Dicevamo del pensionato di lusso: certo non come nonno Giovanni che tira a campare con 500 euri. Si è vero, pensandoci bene, non ci sarebbe granché da scrivere ad un potente del suo calibro, perché, tutto è, meno che potente. Ma anziano sì, e allora non è giunto il tempo di farsi da parte?









In un paese gerontocratico, ci mancava solo Lei. 82 anni, a ripeterli non ci si crede. Ma a cosa servirà mai? Quando è salito sul Colle, espressione che sembra rubare il dolore alla cristianità, mi sono sovvenute due domande: come è un trasloco di gran lusso da un quartiere bene di Roma ad un altro. E l’altra riguarda la sua storia personale. Ma andiamo con ordine. Beato Lei che ha traslocato, con il caro affitto che c’è a Roma, avere due belle case non è da poco, e tutto questo non lavorando come privato, ma per lo Stato. Non male. Immagino, retoricamente, i giovani che pagano 500 eurinaturalmont con contratto a progetto, sa quella splendida invenzione (di sinistra ahimè, Gaber Gaber dove sei ormai?) che permette agli imprenditori di non pagare tasse, tredicesima, quattordicesima, malattia ma guadagnano lo stesso anzi di più? di affitto e ne guadagnano poco più di 800/900,









Chissà se conosce minimamente il costo degli affitti a Roma, forse sì, ma quando si guadagna quello che si guadagna con la paga di un deputato o senatore chi se ne frega dei conti. Eppure molti di voi non sono neanche laureati e mai hanno lavorato, eppure pretendono di comprendere un paese che lavora. Lei indubbiamente è una persona di cultura, ma non si trova a disagio con gente che non sa nulla, ma proprio nulla, come se avessero marinato la scuola già dall’asilo? Immagino proprio di sì.









La sua storia personale: finalmente un comunista che sale al Quirinale. Embè? Siamo proprio così americani non le sembra, basta pronunciare il sostantivo comunista che tutto sembra fosco, forse solo ridicolo. Non ho visto nessun evento straordinario nella sua elezione, solo un uomo anziano. La sua storia personale l’ha portata subito in Ungheria, a Budapest a deporre fiori ai caduti della rivoluzione del 1956. Lavarsi subito l’onta di non aver compreso il grido disperato di libertà di un popolo. Già, loro gli ungheresi (ritornano più volte come vede) avevano i comunisti, noi gli americani, con il Cermis, Ustica, Gladio e altre sciocchezze di mezzo. Ha deposto fiori che forse se deponeva sulla tomba di questa nazione avrebbero avuto maggior senso e bellezza. Della sua storia personale mi rimarrà impresso il suo essere stato il primo Ministro degli Interni non democristiano. Mi ricordo il periodo, così denso di speranza: Prodi parlava e si capiva anche. Invece Bossi parlava ma non si capiva. Berlusconi non era poi questa grande ed inamovibile pietra contro la democrazia italiana. Avevamo vinto, per la prima volta e finalmente mettevamo piede ( e si sperava mani) negli armadi dei misteri italiani.









Per la verità ci ha messo piede Lei, e si è visto: non è accaduto nulla. Nessuna verità per la strage di Bologna, nessun disvelamento di grandi intrecci mafia politica. Niente di niente. La Democrazia Cristiana continuava a dominare il Ministero dei misteri italici. Eppure all’epoca non era così anziano Presidente, aveva solo, mi faccia fare i conti, ecco, sì 73 anni. Già, nulla successe e tutte le speranze di chiarezza andarono perse nel giro di poco. Forse anche Lei si è ritrovato con le mani legate da intrecci così scandalosi da non poterne parlare, patti sì scellerati che non si potevano toccare, pena il tracollo della nostra miseranda nazione. Eppure credevo che dopotutto questo si sarebbe goduto la meritata pensione. O lo stipendio, qualsiasi cosa, ma sicuramente avrà famiglia, nipoti e pronipoti. Ed invece eccola Presidente, a rappresentare l’Italia con tutti i suoi anni e la sua storia personale, come se un onesto lavoratore cassintegrato della Cirio non abbia una storia personale e dignitosa, per non parlare del famigerato metalmeccanico di sempre. Ed io mi sono sentito uno dei suoi nipoti, certo senza il privilegio di dire chi è mio zio. Qualche volta seguo i suoi discorsi, buoni solo per l’ANSA, ultimamente poi sono tanti devo dire che è sempre presente. Ma dica al suo ufficio stampa che è inutile che far pubblicare due pagine di suoi interventi, la gente, sempre in metropolitana, gira le pagine a piè sospinto. Tanto si sa che saranno parole di circostanza e mai taglienti, e distraggono poco l’attenzione.









Belle ed inutili parole.









Per ironia della sorte c’è chi segue i suoi discorsi: sono gli italiani all’estero, cioè gli emigranti. Ho visto le facce di profonda delusione, quando hanno ascoltato il suo discorso, letto le sue parole il giorno dopo che li menzionava, appena appena nella chiusura del gran discorso di fine anno. Io stavo con loro, dall’altra parte del mondo. Volevano che si ricordasse di loro, lo volevano per non sentirsi orfani e invece niente.









Così si è alienato anche un possibile e benevolo pubblico che la voleva ascoltare veramente. Scherzi dell’età, non si preoccupi. Come non si deve preoccupare del fatto che di tutte le foto dei mondiali del 2006 non ce ne sia una memorabile e storica che la ritrae e la consegna alla storia, almeno quella del pallone. Mi permetta di fare un paragone con il presidente partigiano, celebrato anche in una canzone (quando si dice lasciare il segno per davvero), di Lei non c’è neanche una foto decente. I mondiali del 1982 non sono nulla se non ci fanno vedere la faccia del grande vecchio Pertini che si dimena come un ultrà per i gol. Ancora meglio la faccia da partigiano mentre gioca a carte con i nostri eroi sull’aereo del ritorno dalla Spagna.









Me lo può confessare Presidente, quella sera avrebbe preferito starsene a casa tranquillo. Con la sua età, tutto quello schiamazzo, quel rumore, quell’ufficialità. Confesso, non amo il pallone neanche io, ma la nazionale, beh, che ci vuole fare italiano sono alla fin fine.









Poteva regalare il suo biglietto a qualcuno, vero non aveva biglietto, Lei entra pagato dovunque. O si ricorda di quando ha invocato giustizia per Giovanna Curcio? Immagino di farle questa domanda a bruciapelo, e la vedo che si china verso un suo assistente a chiedere informazioni. Ma come, la ragazzina bruciata viva a 15 anni perché lavorava, in nero, in una fabbrica di materassi vicino Salerno? Se lo ricorda? Neanche alla sua età è permesso dimenticare questo. Il suo discorso chiedeva (vibrava mi sembra un termine a appropriato) giustizia. Le ripeto quello che scrissi in quei giorni: perché non è andato al funerale di quella ragazza, perché non ha portato a spalla la sua bara? Perché signor Presidente? Poteva farsi aiutare dai suoi assistenti, ma Lei ha 82 anni e la bara di una ragazza di soli 15 anni pesa troppo, di tristezza e della nostra infamia. A cosa serve un Presidente che non porta a spalla i giovani della nazione che rappresenta, morti perché sfruttati, vilipesi, ed infine dimenticati? Perché non va lì giù a piantare un casino infinito finché i colpevoli siano punti: non messi al rogo o su una sedia elettrica, ma qualcuno deve pagare per la morte di un innocente, o no?









Eppure Lei è di Napoli, la città che ha avuto sì tanto orgoglio nel saperla eletta, e il giorno dopo ha continuato a sparare tranquillamente, ma non solo per camorra, termine abusato, ma anche per inedia, per ferocia gratuita, coltellate per un’occhiata di troppo. Salerno non dista troppo da Napoli. Qui giungiamo al punto signor Presidente, non tutto è perduto. A 82 anni qualcosa si può fare ancora. Cominciamo da Napoli. Non mi dica solo che è rammaricato, che vuole uno scatto di reni da parte dei cittadini e delle autorità. Non si rende conto che sono tutte chiacchiere.









Prenda Lei l’iniziativa, vada a Scampia e si affitti una casa, non costano tanto, e si sistema lì per qualche mese. Sicuramente l’ambiente diventerebbe subito più tranquillo, ci sarebbe più polizia, e poi si immagina che bella provocazione? Lei che si sveglia la mattina a Scampia e va a prendersi la sua tazzulella di caffè di fronte al super carcere? Cambierebbe qualcosa? Buona domanda, sicuramente no, ma vuole mettere il divertimento e finalmente un Presidente che fa il suo lavoro di Presidente e che darebbe una scossa micidiale a tutti? E durante quel mese nel quartiere sa cosa altro si può fare, andare a visitare le fabbriche dove i suoi cittadini italiani sono sfruttati per bene. Si immagini, Lei che entra in una fabbrica di cassettini di legno e trascorre una giornata con rumeni, polacchi, italiani sfigati per 5 euri al giorno. Certo non esiste solo Napoli e la camorra, come non esiste solo la Sicilia e la mafia, ma credo che questi sono due problemi urgenti, non crede? Non lo devo dire a Lei, è napoletano, se non erro. Dopodiché Presidente potrebbe tornare a Roma, o andare in qualsiasi grande città e lavorare un poco nei call center. Non so se la prenderebbero, la sua età, questi benedetti 82 anni sono proprio tanti, ma almeno può immedesimarsi nei 400 euri a contratto a progetto che danno alla gioventù di questa nazione. La vedo con le cuffie in testa a rispondere di questioni delicate, perché informazioni importanti si danno ai call center, e intrattenere chi chiama perché più parla più si guadagna. Sarebbero sette anni di fuoco, indimenticabili per Lei e per noi. Tanto di cosa dovrebbe aver paura, gli anni sono quelli e sono tanti, qualche sfizio se lo può togliere. Mica la possono licenziare. E quando il fiatone aumenta, altra grande azione di disturbo: prenda un mezzo pubblico e se ne va in qualche ambulatorio sporco che ben rappresenta il paese che Lei rappresenta. Si attende qualche ora, è vero, ma almeno lì può trovare gente con problemi reali. Immagini per un momento, Lei presidente dal passato comunista che rinuncia ai privilegi, che si ricorda di essere stato giovane un tempo e di aver detto cose giuste e non noiose. Che per un attimo ha un moto di orgoglio, Lei e non la nazione, e se ne esca dalla naftalina in cui l’hanno messa e stravolga le regole del gioco. Già la vedo a chiedere il suo stipendio, con accanimento, al padrone che non vuole pagarla a fine mese, già la vedo combattere contro la non assunzione, inorridire alla lettura di un contratto a progetto, già la vedo timoroso in mezzo alla strada che qualcuno le possa scippare l’orologio o rubarle il portafoglio. Ma ci pensi Lei gioca con un vantaggio enorme. Lei è il Presidente e in questa qualità non potrebbe dire agli sfaticati politicanti che starnazzano in TV di stare un poco in silenzio e di non proferire ignoranza e retorica a spron battuto? E ci liberi dal tutto e il contrario di tutto, alzi la sua voce, di grande vecchio, e ci liberi dal giogo dei poteri forti. Non può certo chiederlo a me di battermi contro i cattivi e i forti. Io non ho nessuna scorta. Invece Lei sì. Ormai il tempo passa inesorabile, non sarebbe il momento di fare qualcosa che un giorno possa cambiare le parole, già le sento, del: onesta ed integra carriera politica al servizio della Nazione. Parole che vogliono dire tutto e niente e che non avranno nessuna reale commozione per una sua ipotetica e mi auguro lontana nel tempo dipartita. Lei può fare tanto e se segue qualche mio consiglio, veramente allora ho scritto la lettera ad un potente. Allo stato dei fatti Lei è una controfigura di uno Stato triste ed io lo specchio dei giorni che vivo. Sig. Napolitano diventi Presidente per davvero, lasci stare questa ingessatura che si porta dietro come un catafalco. Altrimenti non dovrò più cederle quando invita ad inorridirsi per il male che accade, dispiaciuto per l’emigrante che muore in mare e per il ragazzo accoltellato in mezzo alla strada. La voglio bene, e sono sicuro che se mi invita a cena potrei ascoltare tante storie interessanti. Ma non da Lei, venga da me, senza scorta che altrimenti la spesa è esagerata, e ci facciamo due passi insieme. Immagini per un momento, Lei sig. Presidente che scuote come un lenzuolo questa nostra nazione e gli da una bella rinfrescata. Non ci deluda, mi raccomando, si può dire di tutto degli anziani, ma non che non abbiano follia, saggezza e soprattutto la vista lunga. Inneschi la follia Presidente, sono sicuro che in milioni la seguiranno.









Diceva bene il Presidente dell’uno che diventa due, ma non per questo il 51 diventa 52.









Cordialmente









De Pasquale, esempio tipico della Magistratura Italiana

"Siamo cani in un canile" scriveva Gabriele Cagliari nella struggente lettera lasciata ai propri cari prima di suicidarsi, il 20 Luglio del '93, in una giornata estiva che lui trascorreva in carcere, dove era "detenuto in attesa di giudizio" da quattro mesi, mentre il suo "aguzzino" De Pasquale, pubblico ministero spergiuro (gli aveva promesso la libertà il giorno prima) partiva per le ferie, come un qualsiasi impiegato dello Stato, ma con in più il privilegio di decidere il destino degli uomini.










La gente ha dimenticato, dimentica in fretta: è anche questo un dono divino che consente di rivivere più volte i sogni e le illusioni, e inconsapevolmente gli stessi errori.







Percio' non dobbiamo stupirci se nel processo Mills, anche per quella parte del popolo non necessariamente malata di antiberlusconismo, Fabio De Pasquale non e' considerato un giustiziere invasato senza rimorsi, ma un magistrato rimasto al suo posto dopo la buriana di "Mani pulite", a continuare la lotta alle presunte malversazioni. Le giornate del ricordo o della memoria hanno bisogno di numeri grandi e di tragedie collettive per suscitare compassione. Chi puo' piangere per il suicidio di un uomo in qualche modo legato a vicende lontane e poco chiare, in un mondo che sembra abitato solo da indignati, arrabbiati, moralisti e predicatori, in perenne ricerca di vittime esemplari da perseguitare?







Se poi c'è il valore aggiunto di colpire il personaggio pubblico più ricco, più chiacchierato, più invidiato, lo sceriffo che si nasconde sotto la toga per dieci anni si dedica al processo che lo stuzzica nella vanità e nell'orgoglio; i testimoni intimoriti si cucinano da soli, nel loro stesso brodo, e confonderli e indirizzarli diventa col tempo più facile.







Parte del popolo gli è amica: non vede l'ora di vedere alla gogna il gaudente, colpevole di ricchezza spropositata e di ambizioni illegittime agli occhi dei mediocri. Eppure, nonostante il favore del pubblico, il finale della commedia non e' quello già scritto: questa volta, con De Pasquale, al di là della valenza pseudopolitica che si vorrà dare alla sentenza, per noi ha vinto la vita, quel bene supremo che lui ha calpestato senza pietà e senza pagarne il conto. Ci sarà qualcuno a ricordarglielo?







IL PARTITO DEI MAGISTRATI

Il fine giustifica i mezzi: così se ne uscì nel 1993 Francesco Saverio Borrelli, capo del pool di Milano, per respingere l’accusa di usare il carcere come strumento di pressione su chiunque si rifiutasse di collaborare, pratica sistematica che ebbe tragiche conseguenze. In una democrazia normale sarebbe successo un putiferio: i cliché del cinismo rivoluzionario stanno bene in bocca a un magistrato che non deve avere altri fini né altri mezzi che l’applicazione scrupolosa della legge. In Italia invece si preferì mettere in mora lo stato di diritto, inseguire quel fasullo miraggio morale passato alla storia come Mani pulite e dare vita a una lunga, disonorevole stagione che ha visto procure e aule di tribunale trasformarsi in luogo di linciaggio ed epurazione politica.




Come è potuto accadere che una funzione dello stato si sia fatta partito, sia diventata così potente da distruggerne altri, da scavalcare più volte il Parlamento, da rovesciare governi, è il tema del pamphlet di Mauro Mellini, avvocato e radicale di lunghissimo corso, una vita passata a difendere le garanzie dell’imputato. A suo dire, la deriva viene da lontano. Nel Dopoguerra, i maggiori partiti hanno altre priorità che garantire il diritto del cittadino alla giustizia giusta, anzi. In un mondo diviso in due, alla Dc non dispiace affatto tenere in piedi parte della cultura giuridica e dell’impalcatura autoritaria del fascismo. Quanto al Pci, la dottrina, non solo Marx ed Engels ma anche Gramsci, lo porta ad avere poca considerazione per le libertà formali che chiama addirittura “borghesi” in segno esplicito di disprezzo, e subordina alla liberazione dallo sfruttamento e dal bisogno che solo il socialismo può realizzare. Il Psi frontista va a rimorchio.



La Costituzione nasce così sulla base di un compromesso che poco ha di liberale, che non pone la questione della responsabilità dei magistrati e si accontenta di farne discendere la legittimità dall’aver superato un concorso statale. Nel 1987 i radicali e i socialisti di Craxi promuovono un referendum per abrogare leggi che limitano pesantemente i casi in cui un magistrato può essere chiamato a rispondere civilmente dei propri errori. La pubblica opinione è ancora sotto choc per quanto accaduto ad Enzo Tortora. Il popolare conduttore televisivo, finito in carcere per l’incuria, la malafede e la smania di protagonismo di due procuratori di Napoli, è il cavaliere bianco della campagna. Oltre l’ottanta per cento degli elettori vota sì: a gran voce grida che chi sbaglia va punito, anche se è un procuratore o un giudice. Secondo Mellini il referendum viene vissuto dai magistrati come una ferita, un’umiliazione bruciante.



Comincia una guerra asimmetrica: la politica non vuole combattere per davvero, le toghe sono sempre più compatte e determinate. Attraverso Luciano Violante, magistrato eletto nelle file del Pci-Pds, mettono un’ipoteca pesante sul maggiore partito della sinistra che non si libererà mai più dalla sudditanza alla subcultura giustizialista. Lo strapotere delle correnti sindacali, la selezione mirata dei membri togati del Csm rendono l’autogoverno antidemocratico, il suo funzionamento blindato. Il magistrato che prende cantonate continua a non essere punito. Mentre viene attaccato, trascinato nel fango e linciato un Corrado Carnevale, primo presidente della Cassazione, fra i più brillanti giuristi italiani, per aver osato cassare per vizio di forma sentenze di processi di mafia. Il partito dei magistrati è più che mai influente. Ha il sostegno di grandi gruppi editoriali, di giornalisti e conduttori televisivi che con le veline delle procure hanno fatto carriera. E si mette di traverso a qualsiasi riforma della giustizia e delle istituzioni in senso liberale.