domenica 6 novembre 2011

CRISI: I FURBETTI DI MONTECITORIO

Non sarebbe ora di smetterla, furbetti del quartierino di Montecitorio? Ormai, da ogni settore del Parlamento c'è chi si alza a chiedere le dimissioni di Silvio Berlusconi. Non sono tanti, ma, presto, potrebbero essere sufficienti a far mancare al premier la maggioranza necessaria a governare. Quel che è certo, però, è che il PdL, se dovesse essere messo in minoranza, sarebbe comunque in grado di mettere in minoranza qualsiasi altro governo "politico" che pretendesse di sostituire quello legittimamente eletto alle ultime elezioni. Lo sanno tutti, anche coloro i quali oggi sparlano di "discontinuità" nella direzione dell'esecutivo. Allora, a cosa puntano tutti costoro? Il Centrosinistra, adesso, non può governare e i "terzopolisti" non potrebbero mai sostenere - pena lo sputtanamento definitivo - un governo guidato da un bersaniano quale che fosse. D'altro canto, Berlusconi e i suoi non accetterebbero mai un governo guidato da un "terzopolista"; mentre i "terzopolisti" pretendono le dimissioni del Cavaliere, anche a costo di sostenere un altro berlusconiano (ma un berlusconiano non accetterebbe mai di guidare il governo contro il parere del suo leader). Non ci vuole un genio della politica, allora, per capire che l'unica soluzione, se il Cavaliere fosse costretto a mollare, sarebbe il solito governo "tecnico", messo in piedi con un preciso scopo e capace di assicurarsi la maggioranza tramite la più facile e la più laida delle garanzie. Lo scopo, ovviamente, sarebbe quello di adottare quei provvedimenti da lacrime e sangue che l'Europa - ma soprattutto gli speculatori - pretendono ora dall'Italia. Provvedimenti di cui nessuno sarebbe chiamato a rispondere, dal momento che i "tecnici" non hanno sesso politico, non si ricandidano e non si sottomettono al giudizio popolare, né prima né dopo aver governato. I "tecnici" vengono premiati in altra maniera e anche molto bene. Per garantirsi i voti in Parlamento, poi, al governo "tecnico" basterebbe promettere una nuova legge elettorale, fatta ad hoc per quei partiti - in primis, il "terzo polo" - e quei parlamentari infedeli che, con le regole attuali, verrebbero sicuramente massacrati, da qui al 2013. Se non un "voto di scambio", uno "scambio col voto": oggi si sostiene un governo che si farà da parte, dopo aver fatto piangere gli italiani fino all'ultima lacrima; domani si permette a chi avrà consentito la "macelleria sociale" di aggirare l'esame elettorale con una leggina studiata ben bene. Si sbaglierà, ma si potebbe anche scommettere che, se cadesse Berlusconi, "terzopolisti" e frattaglie varie comincerebbero subito, al di là della generica assicurazione di sostegno al governo tecnico, a parlare e a pretendere una nuova legge elettorale. Basta leggere i nomi di chi, in "nome della Patria", in questi giorni si sta allontanando dal Cavaliere dopo averlo incensato per anni, per capire come, in fondo, si tratti solo di peones che sanno già di non essere ricandati o di uomini che hanno viste deluse le loro aspettative. Infine, c'è la prova del nove, come si diceva una volta, a scuola: in nome di quale proposte e su quali basi programmatiche si chiede un passo indietro a Berlusconi e un nuovo governo? Ammesso e non concesso che questo governo non sia in grado di far uscire il Paese dalla crisi, qualcuno ha capito, sentito o letto quali sarebbero le ricette del Centrosinistra, del Terzo polo, di chiunque altro, per abbattere il debito pubblico, per rimettere in moto l'economia, per migliorare l'avanzo primario o il rapporto del deficit? Non si affatichi la memoria, non le ha sentite nessuno, perché nessuno le ha mai avanzate, proposte di questo genere.

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