sabato 22 ottobre 2011

ANTONIO DI PIETRO

LE FOTO CONTRADA-DI PIETRO ASSUMONO UN RILIEVO ANCORA PIÙ INTERESSANTE SE COLLEGATE AL VERBALE CHE “PANORAMA” HA RISCOPERTO: SI TRATTA DI UN INTERROGATORIO DATATO 2 LUGLIO 1995. A SUBIRLO È PROPRIO DI PIETRO, CHE SI È DIMESSO DALLA MAGISTRATURA SETTE MESI PRIMA, IL 6 DICEMBRE 1994, E IN QUEL PRECISO MOMENTO È INDAGATO A BRESCIA IN QUELLO CHE VERRÀ DEFINITO IL "DIPIETROGATE" UN VERBALE NEL QUALE TONINO PROSPETTAVA I SUOI STRANI PIANI DOPO L’ADDIO ALLA TOGA: - “PROGRAMMARE L’INGRESSO AL SISDE, PER RICOMINCIARE DA DOVE ERO RIMASTO”…. - LEDEEN (AGENTE CIA): “DI PIETRO CENÒ DA ME” - LUTTWAK (SERVIZI USA): “FU MIO OSPITE” - (NON SOLO. GLI INVIATI ITALICI IN USA RICORDANO A DAGOSPIA CHE, NEL '95, DI PIETRO EBBE PROPRIO L'"AGENTE'LEEDEN" COME TRADUTTORE A UNO SPEECH UNIVERSITARIO NEGLI STATES) -

Un mucchietto di foto, che avrebbero dovuto essere distrutte, e invece emergono dopo oltre 17 anni di oblio. E un interrogatorio, anch'esso totalmente dimenticato, che risale al 1995. Sono gli elementi del caso che dall'inizio del mese sta assediando Antonio Di Pietro, presidente appena confermato dell'Italia dei valori.


Il 2 febbraio il "Corriere della sera" ha pubblicato alcune immagini che ritraggono l'ex pm al tavolo di una cena romana, il 15 dicembre 1992, seduto aldi la sinistra di Bruno Contrada, alto funzionario del Sisde, e vicino ad altri personaggi del ramo: come Fausto Del Vecchio, colonnello del Sisde; o come Rocco Mario Mediati, un «investigative specialist» della Kroll security services americana.


L'imbarazzo, che per tanto tempo ha fatto tacere Di Pietro sull'episodio, è forse dovuto alla vicinanza con tanti 007 e al fatto che nove giorni dopo quell'incontro Contrada sarebbe stato arrestato per associazione mafiosa.

Tanto che il "Corriere" ha scritto che quel 24 dicembre partì un vortice di telefonate perché le immagini scomparissero. Di Pietro ha opposto molti «non ricordo», e sostanzialmente ha reagito male: «Solo menti malate» ha detto «possono pensare che ho fatto quel che ho fatto nella mia vita per una spy story».

Ma le foto assumono un rilievo ancora più interessante se collegate al verbale che "Panorama" ha riscoperto: si tratta di un interrogatorio datato 2 luglio 1995. A subirlo è proprio Di Pietro, che si è dimesso dalla magistratura sette mesi prima, il 6 dicembre 1994, e in quel preciso momento è indagato a Brescia in quello che verrà definito il «Dipietrogate»:


alla base dell'accusa, poi negata in vari giudizi, sono le presunte, indebite pressioni che l'ex pm avrebbe esercitato su una serie di indagati milanesi di Mani pulite allo scopo di ottenerne vantaggi economici per sé, parenti e amici. Il magistrato titolare dell'inchiesta bresciana è Fabio Salamone.

Davanti a lui Di Pietro si presenta con una grande valigia zeppa di documenti. Ed esplode in quello che Salamone, due anni dopo estromesso in malo modo dall'inchiesta e oggi procuratore aggiunto a Brescia, ricorda come un monologo durato 16 ore, nel quale l'indagato parlò di sé e del groviglio di ambizioni e di paure che lo circondava.


Nell'interrogatorio Di Pietro prospetta un piano ambiguo, a cavallo tra la politica e i servizi segreti.

Al capitolo 12 del verbale, intitolato «il progetto strategico per il futuro», detta per sommi capi la sua tabella di marcia al momento delle dimissioni: «Completare le inchieste sulla Guardia di finanza; raccogliere le prove fondamentali sul gruppo Berlusconi, lasciando il proseguimento dibattimentale ai colleghi (del pool Mani pulite, ndr) per non trovarsi bloccato per altri due anni; completare il processo Enimont; andare fuori ruolo».


Ed ecco la parte più interessante, dove Di Pietro detta i passi successivi: «Programmare l'ingresso al Sis (il Servizio dei controllori dell'amministrazione fiscale, ndr) o al Sisde per ricominciare da dove ero rimasto».

La formula è davvero sorprendente, e non è mai stata compiutamente analizzata. Però la frase «per ricominciare da dove ero rimasto», subito dopo la sigla «Sisde», legittima l'ipotesi di scenari che ben si collegano alla fotografia con Di Pietro seduto accanto a Contrada e agli altri ufficiali dell'intelligence.


Anche perché nel verbale l'ex pm insiste con i piani, e guarda sempre più in alto: «Il progetto Mani pulite 2, con il ricomponimento del pool sotto il Sis; l'anagrafe tributaria; la direzione del Sisde ».

Infine: «Il progetto Mani pulite 3, con la ricostruzione (dell'Italia, ndr), il ricambio della classe dirigente, nuove leggi e nuovi agglomerati politici; la divulgazione di Mani pulite nel mondo».

Nella vicenda s'inserisce poi un'altra fotografia, pubblicata il 9 febbraio dal "Giornale". Qui Di Pietro, di fronte a una bottiglia di limoncello mezza vuota, scherza tra le braccia di un signore barbuto: è lo psicologo Pietro Rocchini, un fan dipietrista della prim'ora, poi nel 1995 fondatore del movimento Mani pulite e per lungo tempo portavoce e organizzatore nelle piazze d'Italia della propaganda a favore dell'ex pm, ormai lanciato verso la politica.


La foto davanti al limoncello appartiene a quel periodo di totale contiguità: da dove nasce l'imbarazzo, allora? Dal fatto che da almeno un decennio Di Pietro rinnega ogni conoscenza con Rocchini. Nel 2000 l'ha fatto addirittura davanti ai giudici, in un'aula del tribunale di Monza, dove Rocchini lo aveva convocato come teste in un processo per diffamazione.


Rocchini sostiene che alla base del voltafaccia c'è la partecipazione di Di Pietro a una conferenza americana, organizzata nell'estate 1995 dal politologo Edward Luttwak: «Tornò in Italia» dice oggi Rocchini «e lo sentii cambiato. Era come se negli Usa il nostro progetto di dare vita a un partito fosse stato accolto con freddezza. Da allora Di Pietro non parlò più di rinnovare la classe politica italiana. L'impressione fu che certi circoli americani gli avessero fatto intendere di preferire un Di Pietro dentro al sistema dei partiti, anziché fuori».


Gli appassionati delle coincidenze sospette ricorderanno che nemmeno un mese fa si è scoperto che Luttwak è stato per anni un consulente doviziosamente retribuito del Sismi, il servizio segreto militare italiano.

E altri ricorderanno che lo stesso Luttwak il 6 dicembre 1994, poche ore dopo l'annuncio dell'abbandono della toga da parte di Di Pietro, mostrò capacità divinatorie e si disse sicuro di una discesa in campo dell'ex pm. Testuale: «Le sue dimissioni sono un passo verso la normalizzazione della politica in Italia».

Soltanto coincidenze, certo. Sta di fatto che con Rocchini il vero gelo inizia nel giugno del 1996, quando Di Pietro, che fino a quel momento ha condiviso le simpatie dell'amico per la destra, annuncia ancora una volta il rinvio di un proprio partito.


La decisione viene criticata da Rocchini, che lo accusa di aver rinunciato per le «pressioni americane» e di essere stato convinto negli Stati Uniti ad appoggiare «una determinata parte politica». L'ex pm smentisce, ma subito dopo diventa ministro dei Lavori pubblici nel governo di Romano Prodi. E due anni più tardi fonda l'Italia dei valori.


2 - LA CIA È VICINA! - LEDEEN: "DI PIETRO CENÒ DA ME". E LUTTWAK: "FU MIO OSPITE" - LA RICOSTRUZIONE DEL VIAGGIO CHE L'EX LEADER DI MANI PULITE FECE A WASHINGTON NEL '95 - LO STORICO E IL POLITOLOGO, DUE TIPINI SEMPRE DETESTATI DALLA SINISTRA PER I LORO LEGAMI CON I SERVIZI, OGGI SI "GIUSTIFICANO" COSÌ: LO INVITAMMO PERCHÉ ERA UNA PERSONA IMPORTANTE...


La visita evocata da suoi detrattori per insinuare l'esistenza di una regia della Cia dietro Mani pulite è ricordata da più d'una delle persone che accolsero a Washington Antonio Di Pietro. Era il 1995. L'anno prima che l'ex sostituto procuratore delle inchieste sulle tangenti entrasse in politica, quando l'attuale presidente dell'Italia dei Valori non aveva ancora accettato un ministero nel governo Prodi dopo aver respinto precedenti offerte di Silvio Berlusconi. I due americani che "il Giornale", testata del fratello del presidente del Consiglio, ha indicato ieri come i promotori di due conferenze tenute da Di Pietro ne parlano senza difficoltà.


«Venne a cena da me. Avevamo a casa soprattutto un gruppo di avvocati», rammenta Michael Ledeen, il quale aveva invitato Di Pietro a tenere un discorso American Enterprise Institute, centro studi vicino ai repubblicani. «Incontravamo tutte le persone importanti, sulla stampa. E abbiamo invitato Di Pietro», dice Edward Luttwak, il quale lo ebbe ospite per una conferenza al Centro di studi strategici internazionali.


In sé, non ci sarebbe nulla di strano. Ma i due personaggi citati dal "Giornale" sono sgraditi all'elettorato di sinistra senza casa in seguito al crollo di Rifondazione e Pdci che Di Pietro ha interesse ad attrarre nelle regionali. "Libero" ha attaccato l'ex pubblico ministero attribuendogli «foto difficili da spiegare» con «sbirri e servizi» in Italia.


Per presentare i due americani, "Giornale" ha fatto notare: «(...) sono stati descritti come i peggiori criminali della storia proprio dalla stampa amica del leader Idv: il primo, Luttwak, perché ripetutamente intercettato mentre parlava con lo 007 Pio Pompa, con il quale aveva assidue intercettazioni di intelligence, nell'inchiesta sul sequestro Abu Omar; il secondo perché responsabile, secondo Repubblica, d'aver aiutato nel 2001 il governo Berlusconi, attraverso il Sismi (...)».


Di Pietro con Rocchini La parola ai due. «Di Pietro veniva a Washington per incontrare i funzionari, io l'ho invitato», racconta al "Corriere" Luttwak. Quali funzionari? «Del governo. Non l'ho trasportato io dall'Italia. Era a Washington», risponde. Aggiungendo: «Sono stato con Di Pietro durante il ricevimento. L'ho visto quell'unica volta». Poi, con una risata: «Io non ho complottato per la caduta dell'Impero della Repubblica. Avrei dovuto».


Perché? «Su un punto Di Pietro ha le mie simpatie. Su una delle mille controversie in cui si è messo, gli dà ragione chiunque dal nostro lato dell'Atlantico: Craxi, celebrare un fuorilegge. Uno che era primo ministro, e faceva arrestare la gente per rubare una mela, diventa fuorilegge e viene celebrato. Questo crea confusione morale. E Di Pietro ha ragione, gli altri torto».


Autore di un «manuale» intitolato "Strategia del colpo di Stato", Luttwak non ha mai amato la parte politica oggi avversaria di Berlusconi.


FAbio Salamone procuratore aggiunto a Brescia Da Panorama Interprete tra Ronald Reagan e Craxi in una ruvida telefonata del 1985, mentre il secondo rifiutava la consegna dei sequestratori dell'Achille Lauro, Ledeen ricorda così con il Corriere la visita di Di Pietro: «Era a New York a studiare inglese e voleva venire a Washington. Lo invitammo all'American Enterprise, incontro pubblico. Poi a cena si parlò di legge. Gli demmo buon cibo, vino rosso, grappa e disse che non avrebbe immaginato di stare così bene a Washington». Gli Usa lo spinsero alla politica? «E perché? Non era affare del mio Paese».

Ambasciatore d'Italia a Washington allora era Boris Biancheri. Di Pietro fu suo ospite a pranzo. Spiega Biancheri: «Era l'uomo del momento. In complesso, però, negli Usa non fu accolto come un liberatore. Il crollo di Craxi era stato visto con preoccupazione». Un dettaglio che oggi si trascura: come sottolineò nel 2002 l'ambasciatore di sede a Washington nel 1985, Rinaldo Petrignani, Craxi e Reagan poi superarono («Amici come prima») la crisi di Sigonella. Biancheri: «Craxi, negli Usa, era quello con il merito di aver installato i Cruise».

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