lunedì 10 ottobre 2011

Hanno boicottato l'Italia, credendo di impadronirsi del Potere!

Tangentopoli chiusa prima che fosse travolto il PCI”
Tangentopoli? Una farsa. Uno scandalo scoppiato quando è stato deciso a tavolino che era arrivato il momento giusto. E dissoltosi quando stava per essere tirato dentro il Pci. Semplice coincidenza? Difficile da credere.
Questa è l’opinione di Elisabetta Magni, l’imprenditrice che denunciando Mario Chiesa ha creato i presupposti per avviare l’inchiesta. Nessuno si ricorda di lei e di suo fratello Luca, all’epoca titolari di un’impresa di pulizie. Eppure sono stati loro i primi ad aver denunciato Mario Chiesa, il presidente del famoso ospizio per anziani Pio Albergo Trivulzio, scatenando la famosa reazione a catena del ’92. In cambio nessun ringraziamento, solo telefonate minatorie, accuse, perdita dei clienti sino al fallimento avvenuto appena due anni dopo.
Persino la fede politica dei due fratelli, entrambi iscritti al Msi, è stata considerata una “colpa”.
A vent’anni di distanza, Elisabetta Magni ricorda quei tempi e qualche sospetto le viene: innanzitutto che non siano stati veramente loro i primi a denunciare un sistema, ma solo i primi ad essere ascoltati perché era il momento giusto per rovesciare una classe politica. E poi, che le indagini non siano andate fino in fondo. Per non tirare dentro il Pci, appunto.
Elisabetta Magni, nel 1992 scoppiava lo scandalo Tangentopoli, tutto è cominciato con una denuncia contro il presidente del Pio Albergo Trivulzio Mario Chiesa. Pochi sanno chi ha sporto quella denuncia. Cosa è accaduto in quei giorni?
Io e mio fratello Luca avevamo una piccola impresa di pulizie a conduzione familiare, l’ILPI, Impresa Lombarda Pulizie Industriali. Nel 1989 abbiamo cominciato a lavorare per il Pio Albergo Trivulzio. Ad un certo punto Mario Chiesa ci chiama e ci dice che dovevamo versare il 10% dei ricavi del nostro lavoro, compreso quello svolto negli anni precedenti. Una stecca. All’inizio abbiamo accettato, non potevamo rifiutare: avevamo già fatto debiti per acquistare le attrezzature, assumere gli operai. Il sistema di ricatto era molto efficace: non mi dai la tangente, non ti pago le fatture. Funzionava così per tutte le aziende che lavoravano per il Pio Albergo Trivulzio, comprese le pompe funebri. Bisognava pagare per lavorare, assurdo. Abbiamo deciso di rivolgerci alla magistratura in un momento in cui io ero ricoverata all’ospedale e Luca ha chiamato Chiesa avvertendo che non avrebbe potuto pagare la tangente in tempo. Chiesa non ha voluto sentire ragioni, inoltre voleva in anticipo il 10% del lavoro di un intero anno: 14 milioni su 140 milioni, per noi davvero troppo. Mio fratello ha sporto denuncia ai carabinieri, è stato messo in contatto con il pm Antonio Di Pietro e ricevuto in Procura. Ha deposto e poi sono state segnate le banconote che avrebbero incastrato Chiesa. Luca si è presentato microfonato con 7 milioni al posto di 14: quando Chiesa ha intascato, le Forze dell’ordine sono intervenute.
Dal punto di vista personale cosa è cambiato? E per la vostra azienda?
Prima fatturavamo più di un miliardo all’anno. L’anno dopo siamo arrivati a malapena a 200 milioni. I clienti cominciavano ad abbandonarci, anche con le scuse più banali. Tutti si sono sentiti coinvolti in quel sistema o ritenevano di avere degli amici coinvolti. E la nostra denuncia è piaciuta a pochi. Abbiamo ricevuto telefonate minatorie, spesso ci accusavano di voler attuare un golpe fascista solo perché io e mio fratello eravamo iscritti al Msi. Ma cosa c’entrava il golpe? La denuncia l’abbiamo fatta solo per noi. Dopo due anni l’azienda è fallita, mio fratello ne ha aperta un’altra intestata a nostra madre per non far risultare i nostri nomi. Dopo un po’, per fortuna, gli affari hanno ricominciato ad andare bene e adesso la nuova impresa è ben avviata.
Alla luce di quello che è successo in seguito, rifareste tutto?
L’abbiamo fatto solo per noi, a titolo personale, Luca ed Elisabetta Magni. Non immaginavamo nemmeno, non potevamo sapere quello che sarebbe successo dopo. Ma non posso credere che siamo stati i primi, gli unici a denunciare. Il sistema lo conoscevano quasi tutti, negli anni ‘70 si cantavano addirittura canzoncine sui socialisti che prendevano le tangenti. “Socialisti forchette nazionali” era uno slogan preso da una canzone degli Amici del Vento. Se la nostra denuncia ha avuto un seguito, evidentemente in quel momento andava bene far scoppiare lo scandalo. Non si può dire che giustizia sia stata fatta, ma noi rifaremmo tutto. Probabilmente qualcun altro l’aveva già fatto prima, senza essere ascoltato.
Molti sostengono proprio che giustizia non sia stata fatta, e che abbiano pagato soltanto alcuni.
Assolutamente vero, hanno pagato solo tre o quattro disgraziati. Inoltre da allora non ho mai più visto un processo, nonostante le tangenti siano state tutt’altro che debellate. Soltanto recentemente Mario Chiesa è finito ancora nei guai per una questione di rifiuti e nettezza urbana, ma non ho altre notizie. Questo significa che pure Chiesa si è riciclato in un altro ambiente. E che Tangentopoli è stata uno specchietto per le allodole.
Chi altro avrebbe dovuto pagare?
Il nostro avvocato e amico di famiglia un giorno ci ha detto: “Vedrete che quando sarà il momento di tirare dentro all’inchiesta il Pci, tutto si fermerà”. In effetti è andata proprio così, appena il Pci è stato sfiorato non si è più parlato di Tangentopoli. (Francesco Saverio Borrelli, Gherardo Colombo e Gerardo D’Ambrosio, tre tra i principali protagonisti del pool Mani pulite, erano iscritti a Magistratura Democratica n.d.r.)
L’attuale scenario politico fa rimpiangere quello precedente a Tangentopoli?
Non lo fa rimpiangere né è migliore: è semplicemente rimasto uguale. Quelli del Psi, ad esempio, si sono mischiati un po’ da una parte e un po’ dall’altra. Speravo in un cambiamento nella seconda Repubblica, che non c’è stato. Ma ci sono anche lati positivi: nella Prima Repubblica era impensabile che un missino come La Russa facesse il ministro. Destra e sinistra erano tagliate fuori.

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